Antichi versi contadini, la poesia degli umili: un lascito prezioso per la cultura siciliana.
Sono versi dialettali ispirati dal duro lavoro nei campi con l’aratro o col tridenti, quelli di Placido Cavallaro, poeta-contadino vissuto a Biancavilla, alle falde dell’Etna, tra il Settecento e l’Ottocento.
Componimenti che ci tramandano una esaltazione dell’agricoltura come “arte pulita e duci”, di cui Cavallaro si considerava un maestro. E per questo, nonostante l’analfabetismo, consapevole e responsabile del ruolo di tramandare usi e tradizioni, seppur aperto al progresso della tecnica e della scienza in un settore economico che aveva raggiunto una certa rilevanza nello Stato borbonico.
Dalla mietitura del grano alla coltivazione degli ulivi e della vigna: è il mondo rurale di Cavallaro, analizzato in queste pagine da Alfio Grasso con puntigliosi riferimenti storici, socio-economici e letterari.
Col suo dialetto verseggiato, con quella libertà di espressioni, figure e atteggiamenti, con quegli impeti di abbandono, di follie e di pittoresco, Cavallaro ci seduce e ci immerge in un mondo surreale. La sua poesia, in un passato non lontano, correva sulla bocca di tutti. Era ed è poesia degli umili. Un lascito prezioso per la cultura siciliana.
AUTORE | Alfio Grasso |
CONTRIBUTO | Fatima Brex |
12,00 €
Informazioni aggiuntive
Formato | 124 pagine |
---|---|
Carta | Avoriata (interna) |
Copertina | Flessibile con alette |
Rilegatura | Brossura fresata |
Anno di edizione | 2018 |